Gestione del dolore
Come dentista, la gestione del dolore dei pazienti è una priorità assoluta. Ma stai trascurando il tuo stesso dolore in questo processo?…
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È innegabile che una delle qualità più apprezzate nei dentisti è la capacità di gestire il dolore in maniera efficace. Dato che il dolore è complesso e soggettivo, non esiste una soluzione semplice e univoca. L’obiettivo dell’odontoiatra è creare un rapporto duraturo e gradevole con i propri pazienti mediante un’assistenza ottimale.
Nonostante, come vedremo, numerosi pregiudizi possano inficiare l’efficacia del trattamento, alcuni approcci innovativi possono supportare il dentista nella pratica quotidiana. Oggi, la gestione del dolore non si basa solo sui farmaci, ma è strettamente connessa alle abilità comunicative.
Il dolore è percezione
Il dolore è un fenomeno in cui è coinvolto anche il cervello e le modalità in cui si manifesta e viene espresso sono numerose come le differenze che esistono tra le persone. I fattori che entrano in gioco nel definire l’espressione del dolore sono numerosi: differenze genetiche, di genere, livello di istruzione, estrazione sociale, cultura, ecc.
Poiché il dolore ha una variabilità così elevata e dipende da molteplici fattori, l’empatia diventa problematica: le persone tendono a riconoscere solo il dolore con cui possono identificarsi personalmente. Inoltre, i professionisti del settore devono superare certi pregiudizi per evitare di ignorare una parte dei pazienti. In particolare, l’esperienza del dolore nelle donne è sistematicamente sottostimata, e di conseguenza i trattamenti non sempre sono adeguati. Nella stessa condizione medica, le donne ricevono dosaggi di morfina inferiori rispetto agli uomini. I pregiudizi di genere o i preconcetti riguardo alle differenze biologiche sono un dato comune all’interno del sistema medico e hanno portato i medici a credere che le donne esagerino nel riferire il proprio livello di dolore. Queste differenze sono state messe in luce in diversi studi.[1]
Uno studio recente, inoltre, ha confermato che le donne sono realmente più sensibili ad alcuni tipi di dolore; ad esempio, il numero di recettori nervosi presenti nel viso è quasi doppio nelle donne rispetto agli uomini (34 recettori contro 17). Questa differenza può effettivamente sostenere la tesi che le donne abbiano una sensibilità diversa al dolore.[2]
Spesso i livelli di dolore sono sottostimati anche nei pazienti neri e in alcune minoranze etniche, notoriamente a causa di preconcetti sulle differenze biologiche, con la conseguente somministrazione di trattamenti e cure differenti. Ad esempio, uno studio retrospettivo ha riscontrato che ai pazienti neri venivano somministrati analgesici in misura molto inferiore rispetto ai pazienti bianchi (il 57% rispetto al 74%), nonostante un livello simile di dolore riferito.[3]
Le persone possono esprimere il dolore in modo diverso anche a causa del background culturale. Ad esempio, gli stereotipi sulla mascolinità possono impedire ad alcuni uomini di esprimere in modo efficace il dolore che provano.[4] Alla luce di tutto ciò, è fondamentale che l’odontoiatra sia attento nei confronti dei pazienti oltre a fornire le cure necessarie. Tuttavia, non è sempre facile individuare la soluzione giusta per ciascuna situazione. Studi recenti hanno introdotti nuovi percorsi per la gestione del dolore nei pazienti.
Per mettere in pratica una gestione ottimale del dolore nello studio dentistico, è disponibile un’intera gamma di tecniche innovative da scoprire ed esplorare in modo dettagliato. I pazienti sono i soli in grado di comunicare al dentista quello che provano. La loro partecipazione è fondamentale per valutare l’intensità del dolore e l’efficacia dei trattamenti. A tale riguardo, le moderne modalità di gestione del dolore prevedono un approccio integrale ai pazienti, attingendo a tutte le loro risorse, fisiche ma anche mentali. Una valida comunicazione rappresenta la chiave per ottimizzare il rapporto terapeutico. Ecco alcune linee guida per partire con il piede giusto.
Questa tecnica include due aspetti:
È possibile ricorrere ad alcuni strumenti per aiutare il paziente ad esprimere la propria sensazione di dolore. Ecco quelli maggiormente utilizzati:
Scala numerica di valutazione (NRS): il professionista sanitario chiede al paziente di valutare in autonomia il livello di dolore cerchiando il numero tra 0 a 10 che meglio lo descrive. Un punteggio pari a 0 significa “nessun dolore”, mentre un punteggio di 10 significa “dolore più insopportabile immaginabile”.
È possibile utilizzare entrambi i metodi per valutare il dolore, ma anche per esprimere il livello di ansia.
È importante imparare a calmare l’ansia del paziente prestando attenzione alla scelta delle parole. L’assistenza sanitaria ricevuta nell’infanzia oppure esperienze negative possono determinare l’insorgenza di paure infondate. Se è coerente, il linguaggio del dentista, sia verbale che non verbale, servirà a rassicurare il paziente. L’espressione “ti ascolto” deve essere confermata dall’atteggiamento, evitando di guardare fuori dalla finestra o di consultare un’altra cartella clinica al contempo. Ciò diviene evidente se si considera la “Regola delle 3 V”, basata su studi pubblicati nel 1967 dal Professor Albert Mehrabian, secondo cui solo il 7% della comunicazione è verbale (parola), il 38% è vocale (tono e suono della voce), il 55% è visivo (espressione facciale e linguaggio del corpo). Questo significa che il 93% della comunicazione è non verbale.[5]
Tuttavia, le parole hanno un potere indiscusso, in particolare se usate nell’ipnosi medica. Questa tecnica sta acquisendo una crescente popolarità nella chirurgia dentale, e consente di indurre uno stato di rilassamento nel paziente, spostando la sua attenzione altrove per mezzo di un ritmo verbale calibrato.
Durante il percorso di studi, ai medici si insegna a mantenere una distanza clinica e un comportamento tranquillo. Vengono esortati a non aprirsi eccessivamente ai pazienti, per timore di assorbirne la sofferenza e farsene carico. Tuttavia, c’è solo da guadagnare dall’ascolto dei propri pazienti e dall’esplorazione delle loro esigenze mediante domande.
Come deve procedere il professionista sanitario quando il dolore non ha una causa fisica riconoscibile? Può essere interessante esplorarne l’origine tramite l’impiego di terapie psicologiche come la terapia cognitivo comportamentale.
Da un lato, la CBT si concentra sull’alleviare le manifestazioni di un problema psicologico al fine di superare l’episodio acuto. Dall’altro, consente uno studio approfondito degli schemi comportamentali nella vita di un individuo. Questo studio approfondito porterà alla comprensione dei problemi e delle loro radici, ma anche alla modifica degli schemi disfunzionali.
Vale la pena esplorare la CBT per il comfort del paziente e la produttività dello studio dentistico, principalmente perché l’odontofobia può condurre a continui spostamenti degli appuntamenti o all’incapacità di trattare o rassicurare pazienti estremamente ansiosi. Può essere una buona idea per il proprio studio informare alcuni pazienti su questo tipo di terapia comportamentale. Se a condurre la terapia è uno psicologo, in genere si rivela breve ed efficace, perché viene orientata a un obiettivo specifico.
Quando la sola terapia farmacologica non è sufficiente, l’obiettivo è aiutare i pazienti a diventare più autonomi nella comprensione e nella gestione del dolore. La medicina integrata combina trattamenti standard e terapie alternative,[6] quali: agopuntura, mindfulness, massaggi o la pratica del Qi Gong.[7] Il primo passo è educare e sensibilizzare i pazienti su queste tecniche. Per i dentisti che desiderano approfondirle ed integrarle nell’attività dello studio, sono disponibili corsi di formazione.
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